Sono questi semplici concetti che mi hanno spinto a dare vita a questo progetto: raccontare, attraverso il linguaggio e l’arte della fotografia, che non esistono persone “diverse” ma semplicemente esseri umani che mettono sul piatto le proprie “differenze” affinchè la propria vita sia in relazione con la tua, con la mia, con la nostra, con quella di tutti e creare così una società più coesa, inclusiva e solidale. Dove i diritti di ogni individuo non siano esclusivamente ad appannaggio di una categoria di persona, ma siano pane quotidiano di tutti. Affrontare temi come quello relativo alle persone con disabilità, in particolare l’essere donna nel 2020 e vivere da donna la propria condizione di disabilità non è né facile né tantomeno scontato. Devo dire “paradossalmente” di essere stato avvantaggiato da un incidente d’auto avuto 15 anni fa e che mi ha costretto su una seria a rotelle per diversi mesi per poi affrontare un percorso riabilitativo, che mi consentisse di tornare a camminare, lungo quasi un anno. Questa esperienza mi ha fatto toccare con mano, seppur in un lasso di tempo breve e comunque con la prospettiva certa che sarei tornato a camminare, che cosa vuol dire vivere seduto su una sedia a rotelle, guardare la vita da un punto di vista, da un’altezza, diversi. Conoscerne le difficoltà, le esigenze, le priorità. Vivere in prima persona, seppur ripeto per un lasso di tempo ben delimitato, l’esperienza della disabilità, mi ha permesso di maturare una maggiore sensibilità ed una attenzione ai bisogni degli altri, sempre più consapevole, oggi nel 2020, che i bisogni degli altri sono i miei bisogni, sono una mia responsabilità. Quando sempre più spesso sentiamo quasi allo sfinimento l’affermazione “lo stato deve rispondere e fare qualcosa per questi bisogni”, non siamo forse io e te “lo stato?”. È con questo progetto, diverrai diamante, che voglio provare a rimettere al centro del dibattito, che viviamo in una comunità di persone, che dobbiamo sentirci tutti corresponsabili gli uni verso i bisogni degli altri. Dove nessuno è “diverso” e dove le nostre personali “differenze” siano davvero la base per poter costruire una società migliore. Il mio lavoro di fotografo e creativo vuole provare con questo progetto ad aprire una breccia nel cuore delle persone, anche di quelle che dalla vita sentono di aver preso solo calci nel sedere. Questa opera fotografica vuole raggiungere ciascuna di loro e dire con certezza che le ferite (citando don Tonino Bello) possono essere trasformate in feritoie. Un luogo in cui passa la luce. La luce di una comunità solidale e coesa dove ciascun individuo conta.